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LES MEMOIRES

Transactions Culturelles Electroniques/Imprimées


Kounellis, Senza titolo, 1977
Courtesy Studio Trisorio




Ettore Janulardo

À propos de Kounellis


La réflexion de Kounellis se développe entre les options de liberté-réalisations individuelles - qu'il souligne parfois avec des accents d'orgueil romantique - et la volonté de s'intégrer dans une communauté qui soit significative pour le travail artistico-intellectuel. À l'intérieur de cette oscillation, Kounellis va de plus en plus choisir le pôle communauté au lieu de celui individu, qui était le fondement de la culture libéral-bourgeoise du XVIIIème siècle. Et si les considérations de l'artiste à propos de David sont justes: "... le Rapt des Sabines laisse entrevoir un nouvel ordre. Le classicisme de David est révolutionnaire; il est lié à l'état", l'accent du discours de Kounellis va se placer sur la notion d'état, ce qui marque une grande évolution par rapport à d'autres affirmations de l'artiste. Ne se limitant à suivre ses propres inclinations, ce dernier agit en vue d'une communauté, c'est-à-dire qu'il projette son oeuvre dans une dimension collective. Cette collectivité est une sorte d'incarnation-personification du corps de l'état, comparable à celle proposée par Rousseau, qui écrivait que le corps politique est aussi un être moral, avec sa propre volonté, et que cette volonté générale est pour tous les membres de l'Etat la règle du juste et de l'injuste. Dans la communauté-état l'artiste n'est pas isolé, mais il accomplit sa fonction de conscience critique.

Ciminiere e urla

Tra i simboli che hanno un'importanza fondamentale nella ricerca di Kounellis, la ciminiera è un'opera che si presenta sotto varie forme e in diversi momenti. E' esposta per la prima volta nel dicembre 1976 alla Galleria Salvatore Ala di Milano (Senza titolo; tracce di fuliggine sui muri e sul soffitto: altezza cm. 440, base cm. 88x88). E' un'opera che segna una nuova dominante nell'attività dell'artista: l'intrusione del nero che comincia a spezzare e a costruire su nuove basi i precedenti nessi sintattici del suo periodare. Gli stessi elementi classico-mitici di natura apollinea, tanto spesso presenti nella produzione di Kounellis, sono da questo momento quasi sempre associati al nero.
Il tema della ciminiera è anche in due piccoli disegni (Senza titolo, 1976) dalle linee sottili e precise, nei quali è un accentuato rapporto intemo/estemo: la ciminiera è posta nell'angolo di uno stanzone vuoto, l'esterno è suggerito da un finestra con i piccoli vetri racchiusi nell'intelaiatura metallica. Ritroviamo la stessa cubatura delle stanze in altri due disegni (Senza titolo, 1975) più particolareggiati, soprattutto quello che presenta una finestra con vista sul centro di Roma, mentre il resto della stanza è trattato a grandi linee che evidenziano il regolare impiantito. L'altro disegno mostra una stanza più profonda con un semplice letto in ferro sulla sinistra; entrambi i lavori sono completati da un uomo dalla fluente, irreale, chilometrica capigliatura (presente anche nel disegno della donna nuda dinanzi al villaggio, esposto da Pio Monti nel 1977), in primo piano l'uno, più indietro l'altro ad equilibrare la massa del letto. La medesima capigliatura è in un Senza titolo del 1975 e in un Senza titolo del 1976. Nel primo è una figura che, per la contrazione spasmodica del corpo e la deformazione iperespressionistica del volto, ha parecchi tratti in comune con i disperati personaggi di Schiele; la "plastica" tentacolare capigliatura bilancia il suo corpo su uno sfondo assolutamente vuoto. Nel disegno del 1976 troviamo una figura ritta e nervosa che inalbera una poderosa scia di capelli neri.

Nel 1980 Kounellis espone alla galleria Sonnabend di New York un Senza titolo: sono sedici disegni a inchiostro su carta da spolvero (cm. 180x270 ciascuno). Si tratta di una meditazione su L'urlo di Munch, il cui personaggio ritornerà spesso sino a costituire - come la ciminiera - un autentico motivo ricorrente, dotato di un tale spessore semantico da essere utilizzato nei differenti contesti dei disegni da galleria e di quelli teatrali. Nella mostra newyorkese l'urlo diviene una selva di urla, di teste deformate e inespressive, segno di una crisi giunta al punto di maturazione come un contagio che ha colpito l'intera società. Ciò che, nell'artista norvegese, era il profetico tirarsi indietro, il non voler sentire nemmeno il proprio dolore, diventa in Kounellis un urlo all'ennesima potenza: anzi le teste, le macchie di un nero questa volta dominante sul bianco, non si caratterizzano neanche per un atteggiamento preciso, sono segnali d'angoscia talmente diffusa e generalizzata da non potersi sdoppiare nella coscienza di essa, sorta di uomo-massa senza qualità che ha conosciuto il terrore della fine. Le immagini si moltiplicano come in uno specchio scuro, tappezzano le pareti della galleria dando vita a una scenografia autoriflettente. Sembrano caratterizzare l'altro-da-noi ad uso conoscenza e sopravvivenza, ma l'altro non è più un oggetto qualsiasi manipolato come scoria della modernità, è l'uomo come suo maggior relitto; e nello stesso tempo è storia, scoria della storia dell'arte che si ricicla tautologicamente, è in-fanzia, incapacità di parlare e di gridare nell'urto dell'uomo contro l'uomo, nell'orrore di vedersi come si è. I segni non sono solo quelli della vita che resiste, possono anche essere quelli della vita che si ritira, si auto-divora concentrandosi nello sguardo, in due macchie nere, nei contorni spessi ed ebeti delle teste che ricordano quelle di un'altra epopea del fallimento: Nous voulons Barabbas di Daumier.




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